Quanto puoi concederti di accogliere e accoglierti nella scomodità?
Una domandina forse da niente o forse da tutto.
Non sto dicendo che ogni cosa debba essere fatta di curve a gomito o spigoli pericolosi ma ogni percorso che ti offre spazi di crescita personale attraversa quelle fasi dove è nella scomodità che filtrano gli spiragli che accecano le tue scuse, che si svelano i tempi delle tue sacralità e i risvolti che amano le turbolenze dei tuoi risvegli.
É in quella scomodità che abiti una messa in discussione che scuote le tue molteplicità e rimette in funzione le voci rimaste a bocca chiusa.
Che spacchi i tuoi gusci e innalzi le tue abissali profondità.
Che ti sposti in direzioni inesplorate e ti porti nelle sensazioni che eviti da tempo.
Che ti lasci occhi negli occhi con quel desiderio messo all’angolo a prendere polvere.
E sfiori, con la punta delle dita, la forza dell’imprevedibile.
Fuori dalla tua zona comfort esiste un mondo.
Un mondo che spesso è molto di più rispetto a quello dove hai scelto di restare.
E può spaventarti ma non sei fatta/o per chiuderti a chiave e lasciarti intatta/o in uno spazio che è sempre lo stesso.
Rischi di velare la bellezza.
Di divorare la tua stessa libertà.
Di ridare indietro la vita che vuole attraversarti e accaderti.
Rischi di svuotare ancora di più i tuoi vuoti.
Di disimparare a conoscerti nei pieni che osi.
Di rimanere immobile quando vorresti strapparti dal torpore e metterti a ballare.
Si lo so, la scomodità sa essere terribilmente sfidante.
Ma quanto è bello darle il benvenuto per allenare il cor-aggio e insegnarti i segreti della tua trasformazione?
Per scucire gli orli e trascinarti dove puoi esistere in modi diversi?
E allora dimmi…di fronte alla scomodità preferisci restare o scappare?
© Chandani Alesiani ~ Il Tempio della Sibilla
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