Quante volte hai sentito l’urgenza di trovare un qualche posto nel mondo?
Io tante!
Anzi, se ritorno indietro nel tempo, mi accorgo di quanto abbia cercato ferocemente le mie radici, di quanto cercassi “casa”, nei luoghi, persone, gruppi, percorsi.
Forse perché, in fondo, mi sono sempre sentita straniera ed era da lì che nasceva il bisogno di provare quel senso di appartenenza o di contrastarlo.
É capitato che facessi il possibile per guadagnarmi il mio “posto” e meritare di esserci, per poi andarmene via appena arrivava quel riconoscimento.
Come è capitato che scegliessi di vagare in solitaria o controcorrente, piuttosto che legarmi a qualcosa che mi accorgevo costasse un prezzo troppo alto: la libertà di essere me stessa, il coraggio di dire la verità, il rifiuto di fingere per compiacimento.
Che a volte, purtroppo, esiste quel rovescio della medaglia, del tipo: Vuoi restare? Bene allora ci sono alcune condizioni da rispettare e guai a te se disobbedisci o esci fuori dalle righe.
Non sai quanto sia stato e sia talvolta ancora sfidante questo tema per me.
É un punto caldo, che mi tocca nel vivo.
Un punto di attrito tra la me che desidera sentirsi parte di qualcosa e quella che le si rivolta contro, perché non vuole niente e nessuno che le dica chi o come essere, dove stare, cosa fare, per quanto tempo.
Quest’anno non mi sta risparmiando ma tra le cose più preziose che mi sta insegnando è che il mio posto nel mondo è in nessun posto o in tutti.
Che il mio posto nel mondo è in viaggio, è dove sono in viaggio, fuori e dentro di me.
Dove posso stabilire dei confini o oltrepassarli ad uno ad uno.
E dove le mie radici sono figure danzanti e possono continuare a disegnare movimenti, metamorfosi ed espansioni.
Chandani Alesiani ~ il Tempio della Sibilla
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