Quando si parla del piacere si pensa spesso a qualcosa di morbido, voluttuoso, che avvolge il corpo con un profumo che sa di buono, segue il ritmo lento del respiro ed evoca un’intimità che è imparentata con l’amore.
Un’arte sottile, una carezza gentile, uno spazio di sensi vividi e con-tatti profondi.
Si, è assolutamente questo ma non solo…
Ho visto spesso persone, all’inizio di un percorso, avvicinarsi a quel piacere con sospetto, in punta di piedi, per poi sentirli gridare estasiati quella sola parola, come fosse un ruggito venuto a spezzare il silenzio e a lanciare musica dalla pelle.
Li ho visti prendere quel piacere e stringerlo tra le mani come fosse una spada sguainata, in nome di una verità finalmente riconquistata, riasserita con ardore e chi-amata a braccia aperte.
Li ho visti abbandonarsi alla sua guida, per sferrare i colpi più audaci, recidere fili e vecchi legamenti e riscattare uno spazio di vitale libertà e autenticità.
E poi andar via con quel potere installato nel corpo, acceso negli occhi, concentrato in ogni gesto ed espresso, senza più vergogna, nella scelta di cosa, da lì, sia diventata un’assoluta priorità.
Troppo spesso si pensa al piacere in modo estremamente superficiale, dimenticando le profondità che osa, che anima e fa ribollire, nel suo abbraccio.
Ma soprattuto dimenticando come, nel momento in cui torni ad abitare quel sacro lascito, possa aprirsi un nuovo ciclo, un nuovo capitolo, un cerchio di fuoco di cui tu sei il centro e la matrice.
Che ne dici, allora, di ricontattarlo senza riserve, fino a possederlo appieno?
©️Chandani Alesiani~Il Tempio della Sibilla
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