C’è un libro di Bear Heart e Molly Larkin che porta questo titolo e, di questo titolo, ne subisco il fascino da sempre.
Proprio ieri mi è tornato in mente, non certo per caso.
Perché si sente quest’aria di tempesta.
Si sente questa brezza, apparentemente leggera, ma che fa scricchiolare gli equilibri, che si insinua negli angoli, che da punti inaspettati arriva per spostarti, più in là, un passo in avanti o due indietro, a volte in tutt’altra direzione rispetto a quella che pensavi di percorrere.
E’ un vento caldo, morbido ma incalzante.
Un vento forestiero ma che può renderti forestiero/a persino nella tua pelle. Un vento che è mistero, che danza nel ventre e apre le soglie di una partenogenesi.
Un vento gitano, che inverte le rotte, che ti invita ad abbracciare l’incerto e a trasformarlo in una scusa per cambiare, per essere altrove, per essere altro di te, per essere di più di quello che credevi, per amarti in quello che non avevi ancora osato immaginare.
Quanto può essere madre questo vento?
Madre di un nuovo inizio.
Di un nuovo ciclo.
Di un nuovo sentire, assecondato d’istinto.
Di un nuovo corpo, esplorato a sorpresa.
Di un nuovo desiderio, creato dalla radice. Di un nuovo territorio, aperto di possibilità.
Di una nuova voce, da portare sulle labbra e tradurre in in-canto.
Di cosa diventi madre, quando chiudi gli occhi e scegli di spiccare il tuo volo di strega?
In cosa ti riscopri madre, nel lasciarti muovere da questo vento?
E se non diventassi madre, ma diventassi vento?
Chandani Alesiani
Photo by Giui